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LE FIABE POPOLARI COME MATERIA PRIMA

Buon Rodaridì a tutti!
Oggi, non è un Rodaridì come gli altri: da ora, potrete votare la favola che più vi piace accedendo a questo doodleLe fiabe popolari come materia prima 
La storia che riceverà più voti, venerdì verrà premiata.  Non perdiamo altro tempo: le votazioni sono aperte solo per oggi, lunedì 4 maggio!


RODARIDÌ
 

INTERVISTE FABULOSE
C’era una volta .. tanto tempo fa .. anzi a dire il vero c’è ancora un luogo segreto e nascosto nel mondo dove tutte le creature delle fiabe si ritrovano una volta al mese per raccontarsi come va sulla terra …
Oggi vi voglio svelare cosa mi raccontò  Pinocchio quando lo intervistai .. si esatto .. io .. ho scovato questo posto misterioso e ogni mese mi è stato concesso l’onore di poter partecipare al loro incontro e intervistare uno di loro.  In cambio ho promesso che avrei fatto leggere tutte le mie interviste a bambini e adulti purché sognatori .
Dunque Pinocchio comincia col raccontarmi che ora vive in Italia , avete capito bene , in Italia, per l’esattezza a Ferrara, in via Cortevecchia proprio vicino alla cattedrale.  Lì si occupa di commercio nello specifico è un ambulante, in poche parole gira i mercati della zona e vende i suoi prodotti .. e qui arriva il bello .. vi starete chiedendo cosa potrebbe mai vendere!!! … niente di meno che “bigini di allegria”.. che sono delle semplici pergamene su cui ha scritto ricette più o meno magiche . Purtroppo capirete anche voi che all’inizio gli affari non andavano proprio bene.
Nessuno voleva pagare per leggere le sue stranezze.. voglio dire vi faccio un esempio delle Sue pergamene :
UN TONDO ROSSO SUL NASINO
UNA MAGLIA COLOR CANARINO
BALLA E CANTA
A PIEDI SCALZI CON MUSICA A MANETTA
DELLA FELICITÀ QUESTA È LA RICETTA
Ora devo dire che io ho provato e mi sono divertita parecchio ma come ho già detto nessuno voleva pagare per queste “sciocchezze” come gli dicevano tutti .
Il poveretto si era impegnato tanto, ogni sera ne scriveva di nuove, le rilegava per bene con un nastro di raffia,  le metteva nel cesto della sua bicicletta e al mattino presto..via sfrecciava veloce per le strade di Ferrara e dintorni .
Ma niente i suoi articoli non piacevano e lui era veramente dispiaciuto.  Faceva fatica a integrarsi con le “persone normali” e stava per perdere la speranza , stava pensando di trasferirsi in India e raggiungere Cappuccetto Rosso (si avete letto bene in India ..ma questa è un’altra intervista)quando gli accadde una cosa che gli riempì il cuore di gioia e lo  fece tornare sulla sua decisione.
Un giorno si trovava a fare mercato nei pressi di Voghiera e come al solito gli affari andavano male, cominciava anche a piovere quando gli si avvicinò una bambina di circa 7 anni. La piccola era molto pallida con un Visino triste e era sulla sedia a rotelle, la spingeva la sua mamma  e aveva tra le mani un gustoso gelato al cioccolato.. Pinocchio non mangiava da ore , forse giorni e aveva l’acquolina in bocca . Si avvicinò alla bambina e gli chiese come si chiamasse “Linda “ rispose lei “sono caduta dalla bicicletta e mi sono rotta una gamba”
“Ohhh mi spiace “ e ti fa molto male insistette curioso Pinocchio
“Non tanto” gli disse la piccolina “mi fa più tristezza non poter andare in bicicletta e correre con i miei amici” due lacrimuccie le scesero dagli occhi.
Allora Pinocchio colse al balzo l”occasione e rivolgendosi alla mamma disse:
“Ecco ho quello che ci vuole per Linda .. una bella “Pergamena dell’allegria” .. le faccio personalmente a mano .. e assicuro il risultato al cento per cento. Vengono solo 5 euro l’una “
La signora lo guardò storta e declinò la sua offerta.
Stava per andarsene quando Linda allungò il suo gelato verso Pinocchio e gli disse “io ne voglio una .. ecco il mio gelato in cambio “Pinocchio non credeva ai suoi occhi. Quella piccola creatura gli stava dando il suo gelato in cambio di una sua pergamena . Doveva assolutamente dargli la migliore che aveva ..cerca , rovista, sposta e finalmente la trova .
Ecco a te piccola” questa è proprio per te .
La mamma intanto continuava a sgridare Linda per quello stupido scambio
Linda emozionata e con tante speranze apri piano piano la pergamena e cominciò a leggere tra sé e se …. e all’improvviso cominciò a ridere a crepapelle.
La mamma allora guardò Pinocchio e piangendo cominciò a ringraziarlo . Linda era triste da tanto tempo ormai e nessun regalo o parola l’aveva fatta più ridere . Quello era veramente un miracolo.
Pinocchio restituì il gelato a Linda . Il suo cuore si era riempito di gioia nel vedere quanto la sua pergamena avesse reso felice una bambina e da lì capì il senso del suo lavoro.
Era regalare gioia , non venderla, o barattarla , era semplicemente regalarla .
Da quel momento si sparse la voce delle pergamene dell’allegria di Pinocchio e molte scuole, ospedali, istituti lo chiamarono e lo chiamano tuttora per averle … e senza che lui chiede nulla molte persone in cambio gli danno cibo e vestiti.
Per cui ecco quello che fa Pinocchio tra noi umani.. regala allegria . Magari qualcuno ha la fortuna di incontrarlo in qualche mercato.. ma naturalmente ha cambiato il suo nome per non farsi riconoscere. Il nome naturalmente non ve lo posso rivelare e cosa ci fosse scritto nella pergamena di Linda non è dato sapere… ma l’importante è sapere che da qualche parte in Italia c’è Pinocchio nascosto tra noi che regala sorrisi proprio come ha fatto nella sua fiaba . Vi aspetto alla prossima “intervista fabulosa”

Giornalista
Katia Rossi

L’ALBERO BOSCOLAGO

C’era una volta  un albero molto grande, molto bello, con un cappello di foglie rigogliose e verdi. Era stanco di vivere nel bosco,  troppo affollato ripeteva continuamente; non riusciva a distendere i suoi rami poderosi verso il cielo, poter dimostrare la sua infinita bellezza. All’ orizzonte davanti a se, aveva un grande lago con i colori dell’arcobaleno. Decise che la sua  nuova dimora ora in poi sarebbe stato il lago. Raggiunse la riva e si fece trasportare dalle onde e con il vento favorevole raggiunse la meta tanto desiderata, arrivò in mezzo al lago, piantò ben salde le sue radici, le foglie rigogliose brillavano come diamanti.
Oh!!!! finalmente ho quello che sempre sognato. Sono solo, ho tutto il lago per me, sono ancora più maestoso.
Fece amicizia con carpe, tinche, alghe di ogni specie. Nonostante questo era ancora insoddisfatto, brontolava talmente forte che il suo brontolio raggiungeva la riva con onde forti e decise. Nemmeno qui è il mio posto aggiunse: sono  solo , triste ,senza foglie, i lunghi rami secchi e inariditi, i pesci rosicchiavano le radici  provocando un incontrollabile solletico giorno e notte senza un attimo di riposo le forze diminuivano sempre più.
QUI NON E’ANCORA IL MIO POSTOOOOO ACCIDENTI!!
L ‘albero maestoso si stava trasformando in un vecchio albero arido secco senza nemmeno una radice, anche il tronco mutò colore, rosso bosco. Con le poche forze rimaste cominciò a muovere freneticamente le poche radici, come eliche, si ritrovò sfinito, senza fiato sulla riva. Con l’aiuto del vento si ritrovò nel suo bosco . Affondò le radici nel terreno verde dal muschio e bagnato dalla rugiada, ritrovò il faggio Adolfo, e l’abete  Pino, il castagno Martino. –ci sei mancato!- Hai capito dov’è il tuo posto? Eri talmente vanitoso e prepotente  che nessuno ti parlava.
Sei cambiato, ormi legna da ardere non ti preoccupare  se vuoi sei ancora in tempo, chiederemo al sole all’ acqua al vento di curarti se lo vuoi, e la tua imponente chioma si muoverà di qua e di la , e variopinti colorati uccelli e i piccoli animali del bosco ti faranno ancora compagnia, ho capito veramente dov’è il mio posto: è qui con voi.
Vogliamo darti un consiglio devi imparare a usare gli occhi per guardare intorno a te ciò che ti circonda essere umile, e di aiuto agli altri. Sai che in ogni albero c’è un’anima?

Carla

I TRE PORCELLINI SUL TRATTORE
In una piccola casetta di mattoni abitavano tre porcellini, che finalmente dopo tanto tempo si erano liberati dal lupo cattivo. Vicino a loro abitava una bambina con trecce lunghe bionde e portava sempre un mantello rosso con un cappuccio che si chiamava Cappuccetto Rosso. Un bel giorno Cappuccetto Rosso decise di andare a trovare la nonna ma, prima passò  a casa dei porcellini per un saluto. Appena la videro arrivare, i porcellini si affacciarono alla finestra e dissero alla bambina: ”Ciao Cappuccetto, dove vai con quel cestino?”. La bambina rispose: ”Vado dalla nonna, volete venire anche me?”. I tre porcellini ,dopo essersi consultati decisero di accettare l’invito e, usciti dalla casetta andarono con Cappuccetto .Lungo il sentiero che portava alla casa della nonna di Cappuccetto, i tre porcellini incontrarono Meo il contadino del paese che, con il suo trattore trasportava il fieno per le mucche. Il più giovane dei porcellini iniziò a correre fino a raggiungere il mezzo agricolo, seguito dagli altri due e con un balzo salirono sul carrello pieno di fieno, non avevano proprio voglia di percorrere tutto quel sentiero a piedi, pigri com’erano. Cappuccetto Rosso li imitò. Ora tutti erano seduti comodi sul fieno e trasportati dal trattore si accingevano  a raggiungere la casa della nonna. Ma il sentiero era molto sconnesso e quando ,a forte velocità ,il trattore entrò in un enorme buca, i tre porcellini e Cappuccetto furono sbalzati giù a terra. Tutti il contenuto del cestino era nel fango e per la povera nonna non era rimasto più nulla. I tre porcellini si rammaricarono molto e avvicinandosi a Cappuccetto dissero: ”Per colpa nostra e della nostra pigrizia ora la nonna non potrà avere il suo pasto. Dobbiamo fare qualcosa. Potremo tornare a casa e preparare noi qualcosa da portare alla nonna”, dissero in coro. Ma Cappuccetto non accettò e con tono di rimprovero  rispose: ”Vi avrebbe solo fatto bene camminare, visto che siete sempre a mangiare e ad ingrassare. Lo sapevate che la strada era lunga, non dovevate venire se non volevate camminare. Quando si prende una decisione occorre andare avanti fino in fondo, nonostante si potrebbero incontrare difficoltà”, I tre porcellini tornarono a casa senza parole. Il giorno seguente ,per farsi perdonare da Cappuccetto prepararono un grande cesto pieno di cibo e lo portarono alla nonna che li ringraziò di cuore. Sulla strada del  ritorno incontrarono nuovamente Meo e il suo trattore, ma ricordandosi delle parole di Cappuccetto, nonostante stanchi del cammino proseguirono per il sentiero che li conduceva  a casa. Da quel giorno Cappuccetto e i tre porcellini non si separarono mai  più.

Ivan Emanuela

FIABA DELLA LUNGA NOTTE
Sei fratelli, stanchi nell’ affanno di arare i campi, chi affranto, chi troppo maturo, sognavan di gloria senza abbandonar il posto sicuro. Il più piccino, il più vivace, aveva speranza per se e per loro. Un giorno, tra i frutteti piantati in collina, vide nascosto sette briganti, allegri e fieri cantavan canzoni di guerra, pianificavano assalti per sete di giustizia. Il ragazzo fu presto affascinato, anche lui sognava gloria e libertà per gli oppressi. I briganti lo accolsero  volentieri, dalla forza ed intraprendenza furono convinti. Sempre più lodavano ed inneggiavano, mentre i suoi sogni il giovane elencava.
Insediatosi in un paese non troppo lontano, la sua nomea oltrepassò i confini del reame, diventato uomo, i suoi seguaci contadini divennero soldati.
Fu allora che si preparò il grande assalto: la battaglia contro il Re perverso fu ardua e sanguinaria, ma i sogni di quel ragazzo divennero pane, un pane per tutti gli uni uguali agli altri, liberati dallo sfruttamento e dalla schiavitù.
Diventato Re, solo una donna mancava, conquistato da un dolce viso non poté trattenersi da farla Regina. Parlava a voce bassa, i suoi passi erano lievi, longilinea ed educata calmava l’ impetuosa sete di giustizia ormai ottenuta.
Il tempo passava ed un figlio avevano avuto. Il Re era appagato e stanco di quei lussi, non amava chincaglierie, gli bastava il suo amore ed una vita da contadino, certo anche senza sfarzo un Re rimane tale.
Una notte, decise di portare la sua Regina al chiaro di luna, lontano dal palazzo, lontani dai giullari, per farle sentire l odore di erba tardo falciata, per farle sentire grilli e la civetta zittirli,  le stelle, come persone, tante e tutte uguali. La regina sorridendo annuiva, e giocava a far la contadina, in fondo come lui lo era stata, ed al pensiero preso, un forcone le fu in mano, le tre lame conficcò nella gola del Re della vita innamorato.

Serafina Basile

Qual è la storia che preferisci? Faccelo sapere votandola in questo doodle Le fiabe popolari come materia prima

UNA DOLCE BAMBINA

Buongiorno a tutti!
Un altro Rodaridì è arrivato e oggi ci scrivono Ivan ed Emanuela; hanno provato ad immaginare il passato della matrigna di Biancaneve, e ora ci regalano una bellissima storia. Ringraziamo di cuore i due autori che non mancano mai un Rodaridì, e auguriamo a tutti una buona lettura!

 

UNA DOLCE BAMBINA

C’era una volta una regina cattiva che aveva una figliastra di nome Biancaneve. Questa matrigna…..

Tanto tempo fa in un castello viveva una bambina dai lunghi capelli neri e occhi azzurro cielo di nome Grimilde. Era una bambina dal carattere molto dolce e amava molto gli animali, tanto che ne aveva molti nel giardino del suo castello  ,ma quello che amava di più era Ernesto un coniglietto nano, grigio e paffutello. Con lui trascorreva gran parte del suo tempo e persino la notte dormiva con lei. Grimilde aveva però una madre molto altezzosa ,superba e che non amava gli animali. Gli stessi animaletti alla vista di quella donna scappavano impauriti nascondendosi qua e là fra i cespugli. Un giorno arrivò in visita al castello un’amica della mamma di Grimilde, una certa Carlotta ,donna molto scortese e dalla voce stridula che esordì dicendo: ”Ma quanti animali ci sono in questo castello! Anche a me piacerebbe averne qualcuno nel mio giardino….”Subito la madre di Grimilda rispose: ”Cara, te li puoi portar via anche tutti. Non li sopporto proprio e poi puzzano. Pensa che Grimilda porta un coniglietto nella sua camera la notte, orribile!”. La donna s’affrettò a rispondere: ”Un coniglio nano? Che meraviglia lo voglio vedere. ”Grimilda sentì tutto il discorso e si precipitò a nascondere Ernesto. Ma non lo trovò in camera sua e iniziò disperata a cercarlo ovunque. Quando giunse nel salone delle feste, l’aspettò un’amara sorpresa. Quella donna aveva preso il suo Ernesto e stava per andarsene quando Grimilda urlò: ”Noooo, Ernesto è mio lo lasci andare”, ma la donna era già salita sulla carrozza e se ne stava andando. Grimilda piangeva disperata mentre la madre, con aria prepotente la beffeggiò: ”Non si piange per uno stupido coniglio. E ben presto spariranno anche tutti gli animali del giardino, tanto tuo padre è lontano e non arriverà molto presto, così quest’orribile puzza sparirà”. Grimilda a poco a poco si vide portar via tutti gli animaletti suoi amici. Passarono i giorni, la bambina se ne stava sempre rinchiusa nella sua camera triste e sconsolata e rifiutava persino il cibo. La madre non curante di lei, non si accorse che con il tempo Grimilda stava modificandosi e da bambina dolce e spensierata che era, iniziò ad essere molto scontrosa e capricciosa. Neppure il padre la riconosceva più.
Passò il tempo, ormai Grimilda era diventata una bella signorina, ma molto superba. La madre era morta di una grave malattia e il padre era stato dato per disperso. La sua passione era di rimirarsi allo specchio e si diceva che nessuno avrebbe mai potuto competere con la sua bellezza e pensava che se un giorno avrebbe avuto una figlia sperava  fosse un brutta bambina.

Ivan ed Emanuela

 

UN MONDO DI PAROLE

Un gruppo dedicato tutto alla scrittura creativa

Davvero belle le storie che hai scritto, complimenti! Sai che ti dico? Sono talmente belle che dovresti scriverne ancora. Non puoi? Come mai? Blocco dello scrittore, hai esaurito le tecniche di scrittura creativa oppure preferiresti condividerle con gente che ha la tua stessa passione, potendo così migliorarti sempre più? Non preoccuparti! Tutto quello che stai cercando te lo possiamo garantire, basta unirsi al nostro gruppo Facebook “Un Mondo di Parole” per rimediare alla situazione. Non hai Facebook? Tranquillo abbiamo pensato anche a questo: basta iscriversi alla nostra mailinglist, cliccando qui, ed ogni venerdì ti invieremo una mail con tutte le attività proposte in settimana.

 

Forse non lo sai, ma il gruppo “Un Mondo di Parole” ti permette di condividere storie con persone di ogni età a partire dai bambini fino ad arrivare agli anziani, favorendo così un ampio scambio di letture. Che aspetti ad iscriverti? Abbiamo già preparato per te degli esercizi!

 

Principiante o esperto? Poco importa, noi vogliamo aiutare chiunque desideri scrivere a migliorarsi, dando spunti ed esercizi per farlo e favorendo il libero scambio di pareri e opinioni, sia che tu scriva come J.R.R. Tolkien che come uno scrittore alle prime armi. Inoltre, devi sapere che le tue storie creeranno un mondo particolare in cui tutto quello che scrivi si manifesta realmente. Che dici? Sei pronto per iniziare? Allora mettiamo da parte le chiacchiere e addentriamoci subito nel vivo di questo gruppo. Ti auguro buona scrittura e buon divertimento!

Agostino

IL RIMEDIO ROCK DI PIERO PELÙ E ALTRE STORIE

Buongiorno a tutti!
Se vi trovate in cucina di fronte a una tazza fumante e dei cereali, vi trovate nel posto giusto per assaporare al meglio le nuove storie del Rodaridì. Anche questa settimana diversi di voi ci hanno scritto, alcuni da lontano: un saluto particolare a Clarissa, Marco e Giulia che ci scrivono direttamente da Messina. Grazie a tutti per averci inviato le vostre bellissime storie.
Buona lettura!

 

LE FAVOLE DEL RODARIDÌ

Titolo da prima pagina: INDIVIDUATA APP CHE TRASFORMA LE PERSONE IN MARMOTTE

Articolo: Sembrava impossibile e invece ci sono riusciti! Degli studenti hanno creato un’APP che riesce a trasformare le persone in marmotte. Uno degli studenti ha provato a fare l’esperimento su suo fratello, ha inserito nell’app il suo peso, l’altezza e l’età. Tutto il giorno non è successo nulla, quindi pensava di aver fallito, la mattina dopo però, lo studente è stato svegliato di colpo da un rumore che somigliava al verso di un animale. Lo studente è corso in bagno e ha trovato suo fratello davanti allo specchio che urlava perché si era trasformato in una marmotta. Lo studente iniziò a ridere perché la sua APP funzionava. All’improvviso si ricordò che non avevano inventato un’APP per farlo tornare una persona normale. Ancora oggi non hanno trovato una soluzione, ma la cosa positiva è che adesso suo fratello vive in una bellissima tana in giardino, ha conosciuto una dolce marmottina e grazie al letargo può dormire tutto l’inverno come ha sempre desiderato.

Giulia

CHE CALDO!
Era arrivata finalmente l’estate, ma tutti erano ancora in quarantena. Purtroppo tutto era ancora chiuso quindi niente gelati e niente succhi di frutta.
Si moriva proprio dal caldo!
Un giorno un bambino che non ce la faceva più, dopo tanti tentativi finalmente era riuscito ad inventare un COCTEL CON ACQUA ed ingredienti speciali.
Si proprio così !
Un coctel fatto solo con acqua e qualche segreto. Prese l’acqua e la mescolò con succo di frutta la colorò con l’arcobaleno, ci mise dentro tanto amore per renderlo più dolce e tanta allegria: ecco il coctel dell’estate.
Lo fece provare ai genitori e loro non sentirono più caldo. Cosi il bambino telefonò ad Amazon e quel coctel lo comprarono tutti.
Finalmente nessuno sentiva più tanto caldo !!!

Clarissa

IL PESCE VIAGGIATORE
C’era una volta un pesce tutto colorato con tutti i colori dell’arcobaleno che si chiamava Danny.
Viveva vicino alla barriera corallina, in un mare che era tutto inquinato dove la barriera corallina era malata, i pesci volanti volevano andare via dal mare , le stelle marine volevano diventare stelle del cielo, l’acqua era scura e tutta sporca di petrolio.
Il piccolo Danny voleva andare via e voleva vedere tutto il mondo. Un giorno un pescatore lo prese e lo mise in un acquario. Tutti andavano a vederlo perché era un pesce speciale.
Danny sbatteva sempre contro i vetri e vedeva spesso delle facce buffe.
Era felice perché tutti andavano a vederlo, ma un giorno non andò più nessuno. L’acquario era chiuso, perché gli uomini erano costretti a stare in casa per non essere contagiati da un brutto virus.
Decisero di liberare tutti i pesci e Danny ritornò nel suo habitat. Vide che era diverso, l’acqua era diventata limpida, la barriera corallina non era più malata e tutti i pesci erano felici.
Adesso nessuno voleva più andare via da questo posto magico e non sognava di vedere altri mondi.

Marco

LA RONDINE CERCA CASA

Chi era?  Una nonna vegetariana
Dove si trovava? Al sesto piano di un palazzo
Che cosa faceva? Aggiustava la lavatrice
Che cosa ha detto? Mi fa male un dito
Che cosa ha detto la gente? C’è molto traffico
Come è andata a finire? L’orologio non funzionava più

C’era una volta un’anziana signora che viveva in una grande casa. Il suo nome era Annette, era vegetariana mangiava solo: insalata, riso, formaggio e uova. Un bel giorno una rondine si posò sul davanzale di una finestra della grande casa e, Annette appena la vide, le pose una foglia d’insalata. La rondine la prese e volò via. Quella foglia d’insalata l’ avrebbe portata ai suoi piccoli ,nel nido che si trovava sopra un balcone al sesto piano di un palazzo. Mentre era lì, un frastornante rumore la incuriosì e con un piccolo balzo si posò sul balcone sottostante. Un omino era intento ad aggiustare la lavatrice e con i suoi attrezzi smontava i pezzi dell’elettrodomestico. Ma ad un tratto con la pinza si fece male un dito e urlò: ”Ahi! Che dolore, mi fa male il dito e adesso come faccio ad andare avanti?”. La rondine approfittò e, mentre l’omino soccorso dalla moglie, stava medicandosi la ferita, volò nella cucina dell’appartamento prese una fetta biscottata dal tavolo e tornò al nido dai suoi piccoli. Il palazzo dove si trovava il nido, era stato costruito in centro città e la gente spesso passando ed ammirando quella bella costruzione in stile moderno diceva :”C’è molto traffico qui ,peccato un così bel palazzo immerso nel traffico cittadino!”. Intanto la rondine infastidita, anzi impaurita dal suono dei clacson delle auto, vagava in cerca di cibo e stava pensando di spostare il suo nido altrove e si ricordò di quella grande casa dove si era posata una volta e un’anziana signora le aveva dato dell’ insalata. Così vi fece ritorno. Appena giunta, l’accolse un’atmosfera festosa; un gruppo di bambini  correva nel grande giardino che circondava la casa. Si trattava del nipote della signora Annatte  che stava festeggiando il compleanno con i suoi amici. Nel giardino un grande tavolo era bandito con sopra ogni sorta di dolci e la rondine avrebbe voluto approfittarne. Dalla porta principale fece capolino Annette con una grande torta ricolma di crema. I bambini tutti insieme urlarono: ”Evviva la torta!”. La rondine, che stava osservando su di un ramo di una grossa quercia secolare, spiccò il volo e si posò sul tavolo. Annette si accorse subito di lei, le si avvicinò e le porse un biscotto. La rondine prese il biscotto e volò, mentre i bambini cercavano invano d’inseguirla, ma sbagliò rotta e si ritrovò nella grande casa in salotto e impaurita iniziò a cercare la via d’uscita ma andò a sbattere contro un vecchio orologio da parete facendolo cadere a terra. Il rumore dell’impatto con il pavimento fece accorrere i bambini e Annette. Appena entrati in salotto videro l’orologio a terra e la rondine presa la finestra si dileguò. Da quel giorno la rondine non si fece più vedere ,Annette però l’aspettò tutti i giorni senza rancore anche se il suo vecchio orologio, che aveva un ricordo particolare, non funzionava più.

Ivan

IL RIMEDIO ROCK DI PIERO PELÙ: IN VOLO CON LE OCHE SELVATICHE SULLE ALI DELL’AVVENTURA
Chi non conosce il grande ROCKMAN Piero Pelu’? Il cantante toscano abita in una grande tenuta nella Maremma Toscana, circondata da tanti animali, asini, galline, conigli, pecore , capre, ma in particolare le sue predilette sono le oche selvatiche fatte arrivare direttamente dal Campidoglio. Avevano una qualità straordinaria, uno starnazzo da 100DB. Alzarsi di prima mattina prendere la chitarra e seguire lo starnazzare delle sue oche per creare un pezzo nuovo “non c ‘è storia”. Da parecchio tempo l ‘ispirazione non arrivava, così decide di affidarsi alle sue oche “ehi oche, visto che devo scrivere un nuovo pezzo, il prossimo LP, e l’ispirazione manca , che ne dite se domani mattina all’ alba ci alziamo tutti in volo? Porterò con me la mia chitarra, con il vostro sbattere le ali, il vostro starnazzo, sicuramente l’ispirazione arriva” “che che che” tutte sono d’accordo. Di buon mattino, prima dell’alba si mettono in cammino, ops in volo, tutti in fila come una vera pattuglia acrobatica, solo la luna è presente, illuminava la traiettoria, suoni, acuti, ritmi alti e bassi scanditi dal battere delle ali; sol re do la mi fa sol, anche Piero contribuiva vocalmente , tutto era perfetto. Durante il ritorno aveva già in mente il motivo che sicuramente avrebbe scalato la HIT PARADE ITALIANA “SULLE ALI DELL’AVVENTURA (BUONGIORNO MATTINA)

Carla

DUE FAVOLE: LO SPAZZACAMINO E IL DEEJAY
Uno spazzacamino si trovava in discoteca. Canticchiava spazzolando tutto ciò che incontrava! Mentre puliva urlava ai presenti: seguitemi! E la gente rispondeva : “non fare il pazzo e scendi da lì”. Ma lui continuava ad alzare volume e scopa e ad urlare :fate tutti come me!

C’era una volta un deejay su un tetto di Parigi. Mentre ballava urlava “che bella la vita quando è tutto pulito!”. La gente intanto gli urlava “vai così!!!!sei ok!!!!!!”, e lui continuava a ballare felice!

Ale e Mary

 

Quinta puntata- Tutti gli usi della parola a tutti

Quando eravamo piccoli, i miei fratelli ed io, avevamo una  cassapanca di legno nella quale mettevamo tutti i nostri giochi. Ero così piccola che me la ricordo gigantesca, ci nascondevamo perfino dentro per giocare a nascondino, per poi venire sgridati perché “Non si gioca in casa, filate in giardino!” (a discolpa dei miei genitori vi confesso che abbiamo un giardino piuttosto grande). Ma sto divagando; tornando alla cassapanca dei giocattoli: ne avevamo un buon numero e ogni volta che la si apriva c’era l’imbarazzo della scelta. Un po’ come scegliere il gusto del gelato, la prima giostra da fare al luna park, il vestito da mettere al primo appuntamento… Sempre la stessa storia, alla fine si sceglie il gioco con cui abbiamo sempre giocato, ormai consumato, gli stessi gusti del gelato per andare sul sicuro, la giostra su cui ci siamo divertiti di più l’ultima volta, e il nostro vestito preferito anche se ne abbiamo a centinaia. E anche dopo aver letto il capitolo “Vecchi giochi”, di cui parleremo oggi, è successa la stessa cosa. 

 

GIOCHI FANTASTICI E DOVE TROVARLI 

Oggi il menù del giorno proposto da “Grammatica della fantasia” è ricco di giochi divertenti e stimolanti da fare in compagnia.
C
ome vi dicevo, ci ho messo una vita a scegliere il gioco da fare tra quelli proposti da Rodari, e alla fine ne ho scelto uno di cui conservo un bel ricordo.
E’ molto semplice e non richiede nessuno sforzo fisico, ma solo qualche oggetto indispensabile:

  • Dei fogli di carta;
  • Delle penne o pennarelli;
  • Parenti/ amici con cui giocare (ho provato in video chiamata, ha funzionato); 
  • Una buona dose di “fantastica”; se non vi ricordate dove l’avete messa, non vi preoccupate salterà fuori strada facendo.

Ogni partecipante prende una penna e un foglio e su di esso  scrive, posizionandole una sotto l’altra, le seguenti sei domande:
Chi era?
Dove si trovava?
Che cosa faceva?
Che cos’ ha detto?
Che cos’ ha detto la gente?
Com’ è andata a finire?

Tutti i partecipanti partono dalla prima domanda e scrivono, accanto ad essa, sul proprio foglio, la prima risposta.
In seguito, piegano il foglio così da coprire la risposta e lo passano ad un altro compagno,
il quale dovrà rispondere alla seconda domanda, piegare il foglio e passarlo al compagno successivo.
Bisogna seguire questi passaggi fino ad esaurimento domande.
In questo modo si andranno a creare tante storie bizzarre, quanti sono i partecipanti.
Queste favole hanno a che fare col binomio fantastico: non trattandosi di parole scelte dal caso, ma piuttosto di sintassi casuale, Rodari suggerisce che si possa parlare di “TRAMA FANTASTICA”. 
Infatti, il risultato può essere già considerato prodotto finito, ma chiamandosi “trama” è possibile lavorarci sopra per scrivere una vera  e propria favola.
Come vi dicevo, ho provato anche io a fare questo gioco con due miei amici, Carolina e Leonardo. Non potendoci incontrare, ci siamo sentiti in videochiamata. Il fatto di essere distanti ha complicato un po’ le cose, ma, allo stesso tempo, le ha rese più divertenti.
Il risultato di questo gioco sono state tre favolette di cui vi condivido la mia preferita:

UNA LEPRE
A NEW YORK
STAVA FACENDO IL CAMBIO ARMADI PER LA PRIMAVERA
HA DETTO: “LA CIOCCOLATA MI FA VENIRE MAL DI STOMACO”
E LA GENTE: “VERRAI PUNITO LO SAI?”
ALLA FINE SI SCOPRI’ CHE NON ERA COLPA SUA
Da questa “trama fantastica” ho sviluppato una favola. 

LEPROTTO IL GOLOSOTTO
A New York era arrivata la primavera. Ormai i giacconi invernali non servivano, così Leprotto il Golosotto decise di fare il cambio armadi, come molti altri abitanti della città. Mentre spostava mucchi di vestiti da un punto all’altro, si ritrovò a canticchiare per la sua tana. Cantò così forte che credette di essere lui il responsabile di quello che sarebbe successo da lì a qualche minuto: a poco a poco, tutti i suoi vestiti si trasformarono in vestiti di cioccolato. Al latte, fondente, bianco, alla nocciola, al pistacchio.. cioccolato di ogni genere. A ogni strofa alcuni vestiti iniziavano a trasformarsi, ma appena taceva tutto si fermava e i vestiti tornavano come prima. Non poteva credere ai suoi occhi! Convinto di possedere quel potere, continuò a cantare con l’ intenzione di trasformare l’intero armadio. Amava il cioccolato e non resistette alla tentazione di addentare la manica di un maglione. Era perfino buono! Addentava l’orlo di una maglia, poi i bottoni di una camicia, masticava il taschino di una giacca, non risparmiò nemmeno i suoi vestiti preferiti giurando, in seguito,che non aveva mai mangiato cioccolato migliore di quello. Continuò fino al tramonto quando la sua pancia iniziò a brontolare. “Meglio uscire a prendere una boccata d’aria fresca” si disse. Ne aveva mangiato così tanto che faticava ad uscire dall’ ingresso della tana. Quando fu fuori senti un forte dolore allo stomaco,così forte da piegarsi in due. Iniziò a piangere e lamentarsi del male, tanto che i suoi amici leprotti lo sentirono e si avvicinarono.
– Golosotto, che succede?
– Mi fa male la pancia
– Cosa ti sei mangiato stavolta?
– Cioccolato
– Quante volte te lo abbiamo detto che devi andarci piano con tutti quei dolci?
Golosotto raccontò ai suoi amici quello che era successo nella sua tana. Tutti rimasero sbalorditi, increduli, era impossibile che cantando i vestiti di trasformassero. Per verificare che Golosotto non fosse impazzito entrarono nella tana e videro che era interamente ricoperta di cioccolato.
– Golosotto, ma quanto hai cantato lì dentro? è pieno di cioccolato
– Per tutto il pomeriggio fino al tramonto, stavo facendo il cambio armadi.
Ci doveva essere una spiegazione. Decisero così di far ripete a Golosotto tutto quello che aveva fatto durante il pomeriggio per capire cosa era successo.
Uno dei suoi amici, Brontolotto, però si rifiutò: – Se sta così è solo colpa sua, impara a non mangiare così tanti dolci.
– Non pensi che il mal di pancia sia già una buona punizione? Dai, vieni a darci una mano- disse un amico indicando Golosotto che non aveva mai smesso di stringersi lo stomaco con entrambe le braccia
Brontolottò sbuffando li seguì. Al’’interno della tana Golosotto iniziò a canticchiare, non riusciva a sforzarsi troppo per via del dolore alla pancia, così tutti si unirono in coro. Ci vollero pochi secondi e dal soffitto iniziarono a cadere gocce di cioccolato, e più il coro si alzava più cioccolato cadeva e ricopriva tutto intorno. A un certo punto Golosotto saltò in piedi e si ricordò di abitare sotto una fabbrica di cioccolato. Le vibrazioni create dal loro canto avevano fatto in modo che il cioccolato si infiltrasse fino alla sua tana. Alla fine tutti capirono che non era stata colpa sua e che era meglio cambiare tana per evitare altri mal di pancia. 


Terminata la quinta puntata di questa mini serie, potremmo anche fermarci e dire di aver acquisito sufficienti strumenti per stimolare la nostra immaginazione ed inventare storie. Abbiamo visto la tecnica del sasso nello stagno, il binomio fantastico, l’ipotesi fantastica e l’errore creativo e oggi la trama fantastica. Tutte queste tecniche hanno in comune il fatto che ci stimolano a creare delle storie di senso partendo da parole o frasi scelte dal caso. Gianni Rodari, riportando tutte queste tecniche nel suo libro, afferma che il movimento effettuato dalla nostra immaginazione è proprio il passaggio dal non-senso al senso.

Ma “Grammatica della fantasia” è una fonte inesauribile di FANTASTICA; continuate a seguirci: da settimana prossima ci saranno tante novità!  

Elena

P.S.: per diventare dei veri esperti, potrete acquistare il libro su cui si basano gli articoli della mini serie; vi basterà cliccare su questo link https://100giannirodari.com/opera/grammatica-della-fantasia-40/

IL TARACADUTE E ALTRE STORIE

Un altro Rodaridì è arrivato!
E questo può significare solo una cosa: è il momento delle vostre storie. Questa settimana alcuni di voi si sono misurati con la tecnica dell’errore fantastico, ed ecco a voi il risultato! Buona lettura e buon Rodaridì a tutti.

 

LE FAVOLE DEL RODARIDÌ

PARACADUTE—TARACADUTE

Un appassionato di paracadutismo durante le gare di (L) gancio, non riusciva mai a centrare il bersaglio sul terreno per colpa di qualche chilo di troppo. Durante i suoi lanci ,il suo corpo eseguiva delle oscillazioni: di qua e di la, spesso l ‘atterraggio avveniva sopra gli alberi ,veniva deriso dai suoi compagni. Stanco di tutto ciò prese(C) sarta , penna, calcoli matematici e equazioni e non riusciva ha trovare una soluzione per centrare i suoi lanci. Quando ad un tratto l’occhio si posò su di una cas(s)etta di mele e vide in grande un scritta TARA…….
Ho trovato la soluzione giusta !!!!!!!
PESO LORDO -PESO NETTO=TARA.

In breve tempo inventò un marchingenio da applicare sul paracadute il “TARACADUTE”. Applicò il taracadute si lancio’ tante volte e con grande stupore!!!!!!!!!!! Bersaglio raggiunto CENTRO
E così che il paracadute divenne amico inseparabile del taracadute.

Carla

IL POLO ARROSTO

La geografia che bella materia! Il protagonista della nostra storia è Amilcare, un bambino di 12 anni che  aveva una passione sfrenata per i viaggi, anche se la maggior parte delle volte erano solo di fantasia. Era inoltre un buongustaio e amava in particolar modo, la cucina della nonna Mella. Un giorno  Amilcare stava osservando la cartina geografica appesa dietro al suo letto e la sua fantasia iniziò a viaggiare per mondi lontani, lassù dove il ghiaccio ricopre  tutto: si trovava al Polo Nord. Intanto la nonna stava iniziando a cucinare, ma prima andò da lui per informarlo sul menù del giorno. ”Amilcare caro”, disse “oggi avrei intenzione di preparare il pollo, in che modo lo cucino?”. Amilcare, completamente immerso nei suoi sogni ad occhi aperti, distrattamente rispose: ”Va bene cucina pure il polo arrosto”. Mella, scoppiò in una fragorosa risata e se ne andò lasciandolo nelle sue fantasie da viaggiatore. Amilcare  ben presto si accorse di aver commesso un errore grammaticale ma questo gli servì per iniziare il suo viaggio. Si trovò catapultato in un’immensa pianura ghiacciata dove il silenzio veniva interrotto solo dal rumore dei suoi passi. Camminava solitario guardando meravigliato il paesaggio polare alla ricerca di qualche forma di vita. Ad un certo punto, da lontano ,vide alzarsi nel cielo del fumo. Incuriosito cercò di affrettare il passo chiedendosi come poteva essere che del fumo si sprigionasse dal ghiaccio. All’orizzonte  intravvide una costruzione ,forse una casa ed era proprio da lì che proveniva quel fumo. ”Chissà chi abiterà qui al Polo, forse personaggi di ghiaccio” disse fra se. Ma appena giunto vicino, lo stupore fu tale nel vedere delle persone, fuori da quella costruzione, che stavano cucinando su di un grosso braciere. Un buon profumo c’era nell’aria e ad Amilcare iniziò a venir fame, avrebbe chiesto a quelle persone se poteva aggregarsi a loro per il pasto. Quel profumo gli ricordò le carni arrosto  che cucinava nonna Mella e subito gli venne un senso di tristezza e malinconia, ma d’improvviso una voce lo riportò nella realtà: ”Amilcare il pranzo è pronto”. Era la nonna  e Amilcare corse da lei affamato e felice e le disse: ”nonna lo sai che al Polo c’era profumo di arrosto?”. Mella non capiva di cosa stava parlando, forse  l’aveva letto  in un libro o semplicemente era la sua fame che parlava e rispose, con in mano una grossa teglia di pollo: ”eccoti il tuo polo che profuma d’arrosto” e guardandosi negli occhi nonna e nipote scoppiarono in una risata.

Ivan ed Emanuela

IL MERCATINO DI ANTIQUAGLIE

Un giorno, fermandomi in mercatino di antiquaglie, ricinobbi un coronabirus, attrezzo usato dagli imperatori romani per scrivere, è volendo accuistarlo misi mano al portafiglio, nel quale trovai banconote e bancoignote. Mentre ero nel dubbio su quale usare, un malvigente mi prese il portafiglio. Ero surribondo!! Non riuscii a denunciare il furbo per colpa della burrocrazia, troppo viscida per i miei gusti.

Roberto

LA BURLOCRAZIA

Un giorno tutti i ministeri di Roma furono affetti da un virus tremendo e contagiosissimo: il virus della BURLOCRAZIA. Successe che tutte le circolari ministeriali inoltrate a tutti i comuni nel prescrivere gli obblighi di legge a cui tutti i cittadini avrebbero dovuto sottoporsi ingeneravano in chi le leggevano massicce dosi di ironia. Così si diffuse il virus della BURLOCRAZIA. Dallo stato alle regioni, dalle regioni alle province, dalle province ai comuni e dai comuni ai condomini le disposizioni di legge viaggiavano su tante carte anche loro BURLATE. La legge pensata dallo stato in cui ad esempio si imponeva che per la pulizia delle strade chi non avesse pulito la cacca del proprio cane venisse PUNITO, venne cambiata dal virus della BURLOCRAZIA e i sindaci decisero che chi avrebbe fatto ciò venisse PULITO. La nuova legge promulgata dal parlamento che imponeva l’obbligo di FERMARSI davanti agli ostacoli che si incontravano per strada venne cambiata dal virus in un obbligo a FORMARSI davanti agli ostacoli che si sarebbero trovati nella vita. E così via e fu così che il virus della BURLOCRAZIA si diffuse e continua ancora oggi un pò qua un pò là senza soluzione di continuità.

Antonio

 

UN MALVIVENTE CON IL MALDIDENTE

C’era una volta Tiberio, un omuncolo di bassa statura, con capelli arruffati, e due piccoli occhi azzurro cielo, così chiari che sembravano sfere di cristallo…anzi, probabilmente lo erano, ma gli incantesimi che ne uscivano erano veramente malvagi. Tiberio creava scompiglio ovunque: era dispettoso, arrogante, e provocava tutti con degli scherzi davvero meschini. La gente lo definiva un malvivente, perché aveva tante cattive abitudini: rubava, mentiva, prendeva in giro gli abitanti della sua città ed era sempre molto sgarbato. Un giorno, per fare uno scherzo all’uomo che vendeva caramelle in piazza, gli porto’ via tutto il carretto….le persone  che erano  presenti cercarono di fermarlo, ma Tiberio, alzando le spalle, se ne andò in tranquillità verso casa, con il suo malloppo di dolciumi. L’uomo della bancarella spero’che mangiando così tante caramelle, Tiberio diventasse un pochino più dolce…ma nemmeno tutti quegli zuccheri servirono a questo. Lui non era un semplice malvivente, era proprio un malvimente. Era la sua mente ad essere malvagia, ancor prima dei suoi comportamenti. Non riusciva a comprendere cosa ci fosse di male nel comportarsi in quel modo …gli veniva naturale, e non gli importava se facendo così danneggiava gli altri….pensava sempre e solo a se stesso.La mattina dopo il furto delle caramelle, Tiberio si svegliò con un forte maldidente. Si recò quindi alla ricerca di un dentista che lo potesse aiutare, ma nessuno era disposto a prenderlo in cura…ormai la sua reputazione lo anticipava! Camminando per strada incontrò una vecchina, che vedendolo lamentarsi si offrì di aiutarlo. Tiberio fu subito sgarbato, anche con l’anziana signora, ma lei fece finta di non accorgersi dei suoi brutti modi e lo convinse a seguirla in casa sua.    La casa era molto curata ed accogliente, e lo era anche la  vecchina , che gli offri un te’ caldo, dicendogli che gli avrebbe tolto ogni dolore…Tiberio si fido’ e lo bevve…..in un secondo il dolore sparì, ma l’uomo non ringrazio’ nemmeno la signora e se ne ando’. Dal giorno seguente inizio’ ad accadere qualcosa di strano….ogni volta che rubava, mentiva o prendeva in giro qualcuno gli arrivava un forte maldidente …..così decise di tornare alla casa della vecchina per farsi dare ancora un po’ di quel te’ magico. Ma giunto alla sua porta si accorse che la casa era abbandonata ….chiese così ai vicini che fine avesse fatto la donna, ma tutti gli risposero che quella casa era vuota da almeno cent’anni…Tiberio entro’ lo stesso: la casa non era assolutamente come se la ricordava…intorno a lui c’erano solo sporcizia e ragni…ma c’era ancora lo stesso tavolo su cui aveva preso il te’…e c’era ancora appoggiata la sua tazza! Si avvicinò e dentro trovo’ un biglietto “ tu non sei un malvivente, sei solo un uomo poco capace di stare con la gente. Impara a trattare tutti come vorresti essere trattato tu, e vedrai che lo stesso non sarai più. L’unico modo che avevo per farti capire quando fai un danno, e’ farti sentire le tue azioni che male che fanno. Quindi ogni volta che poco bene  ti comporterai, un forte mal di denti avrai. Vedrai che così presto ti accorgerai se le cose per bene farai….e in men che non si dica, la tua mente malvagia diventerà una mente amica”. Tiberio se ne torno’ a casa arrabbiato, e nei giorni seguenti, ogni volta che commetteva  qualcosa di cattivo, il maldidente tornava.Cosi decise di provarci, e di fermarsi nelle sue azioni ancora prima che il dolore iniziasse. Non ci volle molto e si ritrovò a capire quale era il limite da non superare per non nuocere agli altri!Finalmente  era in grado di capire cosa significasse comportarsi bene nel rispetto di tutti. E fece di più…si accorse che con il potere dei suoi occhi “sfere di cristallo “ riusciva a far diventare tutte le persone che incontrava ancora più buone e generose, con lui e tra loro.La gente smise di definirlo un malvivente, lui non si sentiva più un malvimente, il maldidente era scomparso e Tiberio divento’ a tutti gli effetti  un Magicvivente, che crea magia con la sua mente, e che vive magicamente!

Ale e Mari

Quarta puntata- Tutti gli usi della parola a tutti


SBAGLIANDO S’ INVENTA 

La tecnica di cui parleremo oggi, mi ha fatto tornare in mente quando ero in seconda elementare e avevo qualche problema con le doppie; non ero la sola, infatti, le maestre decisero che, tra i laboratori proposti quell’ anno, ne sarebbe partito uno per imparare ad usarle. Io mi dovetti iscrivere per forza, mentre molti miei amici andarono a fare il laboratorio di cucina… non vi dico l’invidia.
Risultato: oggi so usare le doppie, in compenso non so cucinare.
Ma come vi dicevo, questo ricordo l’ho ripescato dopo aver letto un nuovo capitolo del libro di Gianni Rodari che si intitola “L’ERRORE CREATIVO”.

 

L’ERRORE CREATIVO
“In ogni errore giace la possibilità di una storia”- Gianni Rodari

Partiamo con un semplice esempio: in seconda elementare avrei di certo scritto matarelo, al posto di mattarello. Mentre quest’ultimo lo avrebbero usato i maledetti del laboratorio di cucina, io avrei potuto viaggiare in Spagna, entrare in un’arena e assistere allo spettacolo di Matarelo, el matador de España.
Invidie e scherzi a parte, è lo stesso Rodari a fornircene degli altri, partendo dagli errori più comuni tra i bambini, come l’uso della q: il quore diventa un cuore malato; o l’uso dell’h: il cerubino è un cherubino degradato; il libbro diventa un libro particolarmente pesante o un libro speciale; l’ automobile potrebbe diventare l’autonobile per la regina.
Ciò che ho più apprezzato di questo capitolo è il fatto che Rodari, oltre a fornirci una nuova tecnica, invita a ridere dei propri errori partendo da essi per creare qualcosa di bello.
L’ errore ci fa nascondere, ci fa sentire giudicati perché rivela le nostre fragilità, i nostri punti deboli. Penso che un bambino si senta allo stesso modo quando, su un proprio compito, vede dei grandi segni rossi.
Gianni Rodari, però, è abituato a vedere tutto da un’altra prospettiva. Ride di quell’ errore e con esso gioca, crea, inventa. Non gli permette di essere una conclusione,  ossia che non è  in grado di fare qualcosa, ma lo fa diventare un nuovo inizio: l’inizio di una splendida storia.
In quest’ottica, Matarelo non  pretenderebbe più di essere un oggetto cilindrico utile a tirare la pasta della pizza,  ma diventerebbe il protagonista di una storia, lasciando al mattarello l’onore di essere ricoperto di farina.

EL  MATARELO
Nella Spagna di un tempo che ci è ignoto, viveva una famiglia di toreri, erano conosciuti da tutti come la Familia de los Matadores. L’arte veniva tramandata di generazione in generazione, e ogni membro della famiglia si rivelava, da sempre, il migliore in questo campo. Nella casa del nonno avevano persino allestito un’intera sala con scaffali, piedistalli per riporre i trofei di una vita. Non serve nemmeno dire che quella era la stanza più scintillante di tutta la casa: targhette argentate, coppe d’orate, medaglie di ogni dimensione facevano a gara a chi brillava di più sotto i raggi del sole che, ogni mattina, filtravano dalla finestra. Pensate a quanto poteva essere bella quella sala, se era il Sole in persona a darle il buongiorno.  

Nessuno mai capì quale segreto stava dietro al loro grande successo; ma una cosa è certa: quando uno di loro scendeva nell’ arena, era come se nei suoi occhi ardesse una fiamma, che incantava il toro e gli permetteva di comandarne ogni movimento.
Almeno fino a pochi anni fa. Arrivati alla sesta generazione di toreri, El Grande Matador ebbe tre figli, di cui l’ultimo non ne voleva proprio sapere di tori. Era un giovanotto estremamente alto, così alto che nelle foto di classe doveva sempre andare infondo; per di più aveva anche un grande capoccione. Per via della sua corporatura e della sua passione per la cucina, venne chiamato Matarelo; nessuno sapeva il suo vero nome e persino lui se ne dimenticò presto. Per i primi anni della sua adolescenza imparò a sfidare i tori da suo padre, El Grande Matador, il quale per il suo tredicesimo compleanno gli regalò, come da tradizione, la giacca da torero. Sul petto scintillavano, cucite con filo dorato, le lettere del suo nome: Matarelo, el Matador.  Lo addestrò per diversi mesi, ma senza riscuotere alcun successo: il problema non erano le sue capacità, se la cavava bene dopo tutto; il problema era che nei suoi occhi non si vedeva nemmeno l’ombra di quella fiamma tanto speciale. Il padre non sapeva come fare, tutta la Spagna si aspettava grandi cose dal nuovo Matador, e lui non considerava neanche lontanamente la possibilità di deludere quelle aspettative. Nel frattempo Matarelo, dopo ogni allenamento, si fiondava in dispensa a prendere ingredienti improvvisati per dare vita ai piatti più buoni che qualunque palato di Spagna abbia mai assaggiato. La mamma di Matarelo era contenta che almeno uno dei suoi figli si dedicasse ad altro, oltre che ai tori.  Lei aveva un gruppo di amiche che si ritrovava al sabato pomeriggio per il te; da quando avevano scoperto che Matarelo era un abile cuoco, iniziarono a trovarsi sempre a casa della familia del los matadores, così potevano assaggiare i suoi dolci. La voce iniziò a diffondersi in tutta Spagna e preso Matarelo divenne molto famoso per i suoi dolci, tanto che la gente iniziò a dimenticarsi che la sua famiglia sfornava toreri da generazioni e generazioni… tutti tranne il padre. El Grande Matador non accettava che uno dei suoi figli potesse rompere la tradizione di famiglia. Litigò persino con sua moglie perché la smettesse di invitare le sue amiche, le quali, con tutti quei complimenti, illudevano Matarelo di essere un cuoco piuttosto che un torero.
– Matarelo tu sei un torero, togliti quel grembiule da cucina e vieni nell’arena con i tuoi fratelli!
– Ma papà, il mio posto è qui.. l’arena è fatta per i miei fratelli, io non c’entro con quel mondo. Mi dispiace deluderti… ma magari anche questa dei dolci può diventare una tradizione, chi lo sa che col tempo non crescano altri matadores come me…
– Non dire sciocchezze
– Papà, basta! Il punto non sono i dolci, e non è nemmeno l’arena o le tradizioni di famiglia. Ti sei mai chiesto perché tu e i miei fratelli riuscite senza sforzo a controllare i tori?
– Perché ci alleniamo tutti i giorni, cosa che dovresti fare anche tu..
– Ma no, ancora non capisci. Certo l’allenamento è fondamentale, non c’è dubbio. Ma ciò che vi rende speciali, ciò che rende l’arena il vostro posto, è quella fiamma che vi brilla negli occhi quando date il vostro spettacolo, quando parlate dei toreri passati e di quello che vi hanno insegnato. Io quella fiamma non ce l’ho e questo non è colpa tua, perché non sei stato un bravo allenatore. Tu sei un ottimo torero, il migliore direi. Ma non è nemmeno colpa mia se quella fiamma mi si accende quando sono in cucina, quando i miei amici mi ringraziano per aver preparato loro qualcosa di buono. E se per una volta mi permettessi di farti assaggiare qualcosa, lo sapresti anche tu.
– E va bene. Allora ti propongo una cosa: io adesso vado ad allenare i tuoi fratelli, tu preparaci un bel pranzo per quando torniamo. E se questo è quello che vuoi fare nella vita, ricorda che quella fiamma la tieni viva solo con l’allenamento, senza di esso si spegnerebbe strada facendo.
– Lo so papà, è l’insegnamento più grande che mi hai dato stando in arena.
I suoi fratelli e suo padre si allenarono a lungo, quando tornarono trovarono tutto pronto. Un buon profumo usciva dalla cucina e tutta la famiglia non vedeva l’ora di assaggiare quello che Matarelo aveva preparato.

Provate anche voi a ridere dei vostri errori, non lasciate che un correttore automatico li nasconda; divertitevi con loro, prendeteli in giro perché sbagliando s’impara… anzi, si inventa!
A presto!

Elena

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I POMODORI ALLEGRI E ALTRE STORIE

Buon Rodaridì a tutti!
Una buona colazione per iniziare al meglio la settimana non può non essere accompagnata dalle storie che ci avete mandato i giorni scorsi. Un saluto speciale agli autori che hanno voluto sperimentare l’ “IPOTESI FANTASTICA”.

Buona lettura!  

 

LE FAVOLE DEL RODARIDÌ

 

I POMODORI ALLEGRI
53: Cosa succederebbe se un pomodoro si ubriacasse?

C’era una volta un contadino che aveva un piccolo campo di pomodori. Il contadino li coltivava con amore, ma con i ricavi delle vendite dei suoi pomodori riusciva appena a mantenere la sua famiglia.
Erano pomodori gustosi e succosi, ma tutto sommato ordinari. Profumavano di pomodoro, avevano la forma… a pomodoro, sapevano di pomodoro! Non avevano nulla di speciale.
Il campo del contadino confinava con una distilleria che produceva whisky. Quello sì che era speciale! La distilleria lavorava da più di un secolo e il loro whisky era il più buono di tutta la regione. Nessuno sapeva come o perché, ma quel whisky rendeva felici e contenti tutti coloro che lo bevevano. Bastava un sorso ed ogni preoccupazione spariva. Ma la produzione era limitata, e una bottiglietta costava tantissimo, così solo pochissimi riuscivano a poterne godere.
La distilleria però come ho detto era molto antica e un giorno uno dei tubi che trasportavano il liquore si bucò. Non era un gran buco, era un forellino piccolo piccolo, come la punta di uno spillo, e visto che i tubi erano interrati nessuno se ne accorse.
Tranne i pomodori!
I pomodori del contadino, assieme all’acqua con cui venivano innaffiati, iniziarono a bere anche il liquore e acquisirono una caratteristica peculiare: coloro che li mangiavano sentivano una certa euforia, un qualche ottimismo… E ne volavano ancora!
Così il contadino divenne famoso per i suoi pomodori e da quel momento anche lui fu felice e contento con la sua famiglia.

Katia

 

 

LA GOCCIA CURIOSA
(Cosa succederebbe se una goccia scalasse l’Everest)

C’era una volta Lina, una goccia che viveva nel mare. Ma con il passare del tempo, si stancò di restare con tutte le altre gocce. Allora chiese al sole: ”Mi puoi far evaporare e salire fino al cielo?” Il sole quel giorno splendeva alto e alla richiesta di Lina rispose: ”Perché vuoi questo?”. Lina disse: ”Voglio cambiare, mi sono stancata di stare nel mare, voglio sapere come si vive nel cielo”. Così il sole esaudì il suo desiderio, emanò così tanto calore che Lina si sollevò leggiadra nell’aria sino a raggiungere il cielo. Una volta lì incontrò Bertella, una piccola nuvola che l’accolse con piacere: ”Ciao io sono Bertella e tu chi sei?”. La goccia, un po’ disorientata, rispose: ”So..no Lina la gocc…ia che vie..ne dal ma..re” e subito Bertella ”benvenuta Lina, non temere, qui ti troverai bene”. Lina ora era nel cielo e poteva vedere tutto ciò che prima aveva visto solo da lontano e altro che aveva solo immaginato, come le montagne. Ma venne un forte temporale, iniziò a piovere e tutte le gocce che stavano con Bertella iniziarono a precipitare rapidamente. Lina era molto spaventata, non voleva tornare nel mare e, quando arrivò il suo turno lasciò molto rattristata la nuvola. Il suo viaggio verso la terra iniziò e terminò quasi immediatamente. Si era fermata su di un pendio di un’altissima montagna: si trattava del monte Everest la montagna più alta del mondo. Era così imponente che, Lina quasi ne era impaurita, ma la sua curiosità la spinse sempre più in alto voleva raggiungere la sua cima. Non aveva mai visto una montagna così maestosa. Durante il suo lungo viaggio verso la vetta, Lina ebbe la fortuna d’incontrare Yal, un’oca indiana che vista la goccia molto affaticata, la prese con se, la fece salire sulle sue ali l’aiutò a raggiungere la cima. Le oche indiane sorvolano la alte cime delle montagne, così Lina arrivò finalmente al punto prefissato e, dopo essere scesa dalle ali di Yal la ringraziò. La goccia era estasiata: un’immensa quantità di ghiaccio ricopriva tutto ma,dopo poco il freddo intenso congelò la goccia. Lina era diventata un cristallo di ghiaccio così scintillante che, anche i paesi più lontani potevano ammirare quella luce. Nelle notti  la sua luce illuminava tutta la montagna e fu chiamata la stella dell’Everest.

                                                                                 Ivan  ed Emanuela

 

 

CHE COSA SUCCEDEREBBE SE UN OMBRELLO VINCESSE AL LOTTO?

In un angolo nascosto del solaio, c’è un ombrello nero tutto impolverato, lo prendo, lo guardo tolgo la polvere, con tutto rispetto lo apro e…..
Ma che succede! Cadono x terra tanti bottoni numerati 30 57 81 90 34.
Un’idea grandiosa mi è chiara nella testa.
“Questi numeri li gioco al lotto”  il tabellone dei numeri impazzisce, il tintinnio fragoroso delle monete mi trasportano in un altro mondo!
Ma se voglio essere onesta questa fortuna non mi appartiene.
Metto tutta questa fortuna dentro l ‘ombrello, una forza incredibile mi trascina in cortile, le monete volano in alto.
Ma la tua ricchezza l’hai sprecata! No ti sbagli, sono un ombrello stravincente e ricco, uso questa mia ricchezza affinché tutti gli ombrelli del mondo diventino un arcobaleno di colori

Carla

 

 

IL CUCCHIAIO DELLA REGINA D’INGHILTERRA

Un giorno molto lontano il re d’ Inghilterra decise di scegliere il suo successore, dato che ormai era anziano, e siccome aveva quattro figli la scelta non era facile.
Meg la figlia maggiore ne aveva il diritto perchè era la primogenita ma era una ragazza bella, ma anche egoista e non amava nessuno…John il secondo figlio, era un bel ragazzo, ma svogliato e non si curava dei vari problemi. Rachel la figlia mezzana, era una ragazza dolce, e non litigava mai, infine vanessa una bimba curiosa e bella…ma ahimè troppo piccola per regnare…
Era una situazione complicata, allora il re trovò un modo per decidere: li invitò a pranzo e diede ad ognuno un piatto diverso, Meg la figlia maggiore scelse il piatto più ricco: il mio popolo ama i cibi dei nobili.. John scelse il fagiano: il popolo ama la caccia..
Vanessa scelse il dolce: il popolo ama i dolci e rise…infine Rachel scelse uno stufato di manzo e lo mangiò senza dire nulla..
Tutti guardarono il re che era assorto nei propri pensieri, e poi disse: voi tutti avete mangiato il vostro piatto.. pensando di conoscere il vostro popolo, ma tutti sbagliavate, tutti tranne Rachel, lei ha capito che la maggior parte dei sudditi non ha nemmeno le posate per mangiare, e Rachel non ha usato il cucchiaio e ha mangiato con le mani.
Rachel quindi fu nominata regina alla morte del padre, fu una regina giusta e amata da tutti, ma.. vi svelo un piccolo segreto: quando scelse il piatto lei era miope e non vide il cucchiaio, con il tempo dovette indossare un paio di occhiali, e fu così che un semplice arnese, come un cucchiaio fece diventare Rachel …regina d’Inghilterra..

Carlo

 

 

IL LIBRO CHE SCALÒ L’EVEREST

Qualche anno fa decisi di mettermi alla prova: volevo scalare l’Everest! comincia a fare escursioni in Europa, le Alpi italiane, i Pirenei, la Svizzera, e un giorno quando fui pronto.. partii per il Nepal, uno zaino gigante, provviste per due settimane, picozza, scarponi, bussola, abiti pesanti e leggeri, e libri per passare il tempo.. tra questi un libro di ricette di cucina.. fui il primo libro che lessi da bambino  era per me un portafortuna.
Il terzo giorno una bufera mi colse di sorpresa e persi quasi tutto, rimasi con poche provviste, mi rifugiai in una piccola grotta, solo il mio libro portafortuna si salvò…un libro di cucina e il cibo era finito, disperato cominciai a mangiare le pagine, poi mi dissi: perchè non cucinare? comincia a bruciare le pagine, avevo freddo…sarà stato il destino, la fortuna o qualcuno che mi vegliava dal alto.. ma il poco fumo attirò uno sherpa che mi salvò, e mentre scendevo cominciai a ridere: perchè le pagine che avevo bruciato, erano le ricette che più detestavo: quelle con i broccoli.. ora ne avrei mangiato a chili!

Carlo

 

 

COSA SUCCEDEREBBE SE UN CACTUS LECCASSE UN FRANCOBOLLO

C’era una volta un uccello migratore che, dopo aver preso un semino in Africa, si diresse verso mete lontane. Viaggiò per giorni e giorni, percorrendo il mondo in lungo e in largo. Passando sopra l’Alaska, a causa del vento freddo starnutì: il piccolo seme gli cadde dal becco e finì affossato nella neve….era fredda, molto diversa dalla calda terra a cui era abituato. I primi giorni passarono lenti, e il semino si sentiva un  po’ spaesato. Ma presto si abituò alla  temperatura glaciale, e la neve iniziò ad essere quasi accogliente. Così l’Alaska divenne la sua nuova casa.
 Il semino ogni giorno cresceva sempre un pochino di più,  fino a trasformarsi in una vera piantina, grassa e pungente. Era un Cactus. Ogni mattina, guardando il cielo, desiderava avere le ali, come gli uccelli che passavano sopra la sua testa. Avrebbe volentieri preso il volo per farsi un giro intorno al mondo: avendolo già fatto una volta nel becco dell’uccello, sapeva bene che c’erano posti meravigliosi da visitare! Inoltre gli sarebbe piaciuto anche tornare in Africa, per vedere come erano diventati i semini uguali a lui. Sapeva bene che le ali non gli sarebbero mai cresciute…al loro posto, in compenso, gli spuntarono molte spine, una  dietro l’altra. Il piccolo Cactus decise allora di scrivere una lettera, per far sapere ai suoi vecchi amici che stava bene e che, tutto sommato, la vita in Alaska non era poi cosi male. Quando cercò di leccare il francobollo, per metterlo sulla busta da spedire, qualcosa andò storto. Il francobollo rimase incastrato tra le sue spine, e non ci fu modo di toglierlo. Il piccolo Cactus cercò in tutti i modi di liberarsi di quell’ospite appiccicoso e quadrato….ma nulla da fare: più si agitava e più rimanevano impigliati l’uno con l’altro.
Francobollo inizialmente non sembrava molto simpatico, e l’idea di dovere stare attaccati l’uno all’altro, per chissà quanto tempo, non entusiasmava nessuno dei due. Poco per volta però cominciarono a parlarsi, e piano piano, tra una confidenza e l’altra, scoprirono di avere in comune la passione per i viaggi. Ma se al piccolo Cactus, a causa delle radici, era stata negata questa possibilità…a Francobollo invece era stata data sin dalla sua nascita. Aveva viaggiato tantissimo, per ogni parte del mondo, accompagnando buste, cartoline e raccomandate…..nel corso della sua  vita aveva già fatto il giro del globo per ben otto volte, anche se ora cominciava ad essere un po’ stanco. Infatti non era poi così male per lui doversi fermare un po’, anche se le spine della pianta non erano comodissime. Cominciò a raccontare ogni sua avventura al piccolo Cactus, che, ascoltandolo con occhi chiusi e cuore aperto, riuscì ad immaginarsi di visitare ogni angolino della terra. Il tempo intanto passava….Cactus divenne alto e robusto, e Francobollo non smise un solo secondo di parlare.
Un giorno un turista, passando da lì, vide la pianta sbucare dalla neve….era strano vedere un cactus in Alaska. Con cura decise di prenderlo, di metterlo in un vaso e di portarlo con se’…era un turista alle prese con il suo primo giro del mondo. Cactus e Francobollo viaggiarono per molti giorni con lui, visitando posti meravigliosi, da nord a sud, fino a quando atterrarono in Africa. Il turista, rendendosi conto che il suo nuovo compagno di viaggio sarebbe stato bene in quella terra calda, decise di piantare il cactus vicino ai suoi simili. Con la stessa cura che aveva usato per metterlo nel vaso, lo mise nel terreno accanto a tantissime altre piante grasse. Ma ancora non si accorse del francobollo, che ben felice di riposare, rimase aggrappato all’amico senza mai farsi vedere dal turista gentile. Cactus e Francobollo rimasero così insieme…e passarono le loro giornate a raccontare agli altri cactus di quanto fosse bello il  mondo.

Ale e Mary

Terza puntata- Tutti gli usi della parola a tutti

Ciao piccoli e grandi lettori.
La tecnica di oggi avrà a che fare con il binomio fantastico, vi ricordate di cosa si tratta? A chi volesse rinfrescarsi la memoria, lascio il link allo scorso articolo: https://tramm.it/la-coppia-perfetta/
Questa nuova tecnica permetterà di allontanarci dal nonsenso che caratterizzava le scorse favole, come “L’elefante sul marciapiede”: favole divertenti perché descrivevano mondi impossibili, senza senso. Infatti, Gianni Rodari, nella puntata di oggi, ci dice: “Non siamo più nel nonsenso. Siamo all’uso della fantasia per stabilire un rapporto attivo con il reale”.


SUPER SAIYAN

Vi svelo un segreto: non so per quale motivo, da piccola non mi piacevano i buoni, ho sempre tifato per i cattivi, pur sapendo che avrebbero perso. Ad esempio, i miei amici a carnevale si travestivano da Batman, io invece stavo dalla parte di Joker e a carnevale sfilavo a testa alta travestita da Draco Malfoy, mentre tutti volevano essere di Griffondoro.
Ovviamente c’erano delle eccezioni, come Spiderman o Goku; che emozione quando Goku si trasforma finalmente in Super Saiyan! Abbiamo aspettato tante puntate coi nasi attaccati allo schermo, come quando si aspetta Babbo Natale coi regali.
Il punto è che dobbiamo immaginarci il binomio fantastico di Gianni Rodari, come Goku con le sue evoluzioni; l’evoluzione di cui sto parlando è l’Ipotesi Fantastica.


L’IPOTESI FANTASTICA
Essendo l’evoluzione del binomio fantastico, è necessario scegliere due parole, ma questa volta dovranno essere un soggetto e un predicato. Io ho scelto, per rimanere in tema, “Cattivi” e “Fare del bene”.
Il passaggio successivo prevede di inserire soggetto e predicato all’ interno dell’ipotesi: “cosa succederebbe se…
La mia ipotesi fantastica è dunque pronta: Cosa succederebbe se i cattivi iniziassero a fare del bene?
Gianni ci da sempre dei suggerimenti, infatti ci invita ad arricchire di materiale la nostra ipotesi immaginando, ad esempio, chi e che cosa cambierebbe di fronte a questa novità. Più materiale rintracciamo inizialmente, più la nostra storia sarà interessante, basterà unire tutti i puntini e la favola è fatta.


MARTINO, IL CUGINO DI MARTE
Una volta i cattivi abitavano su un pianeta lontano da quello dei buoni. Era un pianeta grigio, puzzolente tanto spaventoso. Nessun fiore colorava i balconi delle case, nessun palloncino svolazzava per festeggiare i compleanni dei bambini, e il carnevale era stato bandito da diversi anni, perché le persone non si potevano divertire su quel pianeta. Vicino a Marte, invece, c’era il pianeta dei buoni. La cosa che i cattivi non sopportavano era vedere quanto i suoi abitanti fossero sempre felici, e come tutti sorridessero di continuo; poi avevano una festa per qualsiasi occasione: la festa del lunedì, quella del martedì, quella del mercoledì fino alla domenica. Invece, l’unica festa dei cattivi era quella del Piano Rottolo: durante la festività si premiava il bambino che era riuscito a creare il piano più astuto per dar fastidio ai buoni. Ci si radunava sul pianerottolo del sindaco dei cattivi per decretare e premiare il vincitore, il quale sarebbe stato a capo della missione contro i buoni.
Nell’ ultimo Piano Rottolo, venne premiato Mar il Cattivo. Si impegnò tutto l’anno per ricevere il premio, e la sua ambizione e determinazione gli permisero di guidare la miglior squadra di cattivi. I suoi soldati avevano grande fiducia in lui, nessun bambino aveva mai presentato un piano così perfetto. Ma quando Mar il Cattivo arrivò sul pianeta dei buoni non riuscì a mettere in atto il suo piano. Non aveva mai visto nulla di così bello: le strade erano pulite, dai balconi proveniva un buon profumo di fiori, i bambini correvano in parchi con alberi di un verde brillante e giocavano a palla coi propri genitori. Mar non aveva mai giocato e riso con la sua famiglia, aveva sempre lavorato a quel piano e, se avesse sbagliato un solo colpo, suo papà lo avrebbe sgridato. Come attirato da una calamita, iniziò ad avvicinarsi al parco. Si sentiva strano, non aveva mai provato quella sensazione prima. Avvertiva nelle gambe una spinta che cresceva sempre più mentre si avvicinava, fino a che non si mise a correre senza nemmeno pensarci. Iniziò a giocare anche lui, ecco cos’era quella sensazione: il desiderio di giocare e di avere degli amici, di sentirsi amato!
A un certo punto un bambino, più piccolo di Mar, cadde e si fece male. Mar lo aiutò a rialzarsi e lo accompagnò a una fontana lì vicino, per bagnagli il ginocchio sbucciato. Mar sentì un forte peso al cuore e non si spiegava il perché di quel fastidio.
Il bambino lo vide preoccupato e gli chiese:- Che cos’hai?
– Non lo so, sento come un fastidio, qui vicino al cuore
– È perché mi hai aiutato che ti senti così
– Cosa vuol dire? Devo andare dal dottore?
– Certo che no. Far del bene riempie il cuore, e più il cuore si riempie più si appesantisce. Ma è un peso bello, che dona tanta gioia. Vedi, stai già sorridendo.

– È vero, non mi ero nemmeno accorto.. ma tu dici che anche un cattivo può diventare buono?
– Io credo di si, tu mi hai aiutato. E poi anche qui sul pianeta dei buoni a volte ci si fa i dispetti. Guarda i grandi, ad esempio: anche i grandi buoni hanno sempre tenuto alla larga i grandi cattivi, senza mai aiutarsi. Nessuno è migliore dell’altro in questo.
– Hai ragione. Comunque io sono Mar, tu come ti chiami?
– Io mi chiamo Tino.
– Se uniamo i nostri nomi ne creiamo uno nuovo: Martino. Cosa ne dici di fondare un nuovo pianeta, qui vicino a Marte, e chiamarlo Martino? Sarà il posto dove i buoni e i cattivi potranno vivere insieme aiutandosi l’uno con l’altro.
Da quel giorno, i pianeti dei buoni e dei cattivi si svuotarono per fondare il nuovo pianeta Martino, dove i colori dei buoni si andarono a mescolare con quelli dei cattivi. I buoni insegnarono l’altruismo e la pazienza ai cattivi, mentre questi insegnarono loro la determinazione e l’ambizione. Martino è il pianeta dove tutti vengono accolti e dove ognuno ha la possibilità di essere buono, anche se a volte capita di sbagliare.

Siete pronti a creare la vostra ipotesi fantastica? Mandateci le vostre storie a info@tramm.it
Alla prossima puntata.

                                                                                                                                                                                                                      Elena

P.S.: per diventare dei veri esperti, potrete acquistare il libro su cui si basano gli articoli della mini serie; vi basterà cliccare su questo link https://100giannirodari.com/opera/grammatica-della-fantasia-40/

 

LA RUOTA DI RISO E ALTRE STORIE

Buon Rodaridì a tutti!
Per iniziare la settimana al meglio, ci vuole proprio una bella tazza di fantasia a colazione. Ad attivare la nostra immaginazione ci pensano gli autori di questa settimana; grazie per averci inviato delle bellissime storie!! 
Non resta che augurare a tutti una buona lettura

 

LE FAVOLE DEL RODARIDÌ

 

GIOCARE A TOMBOLA SCALANDO LE ALPI RICCHI PREMI IN CIMA!

Il nuovo gioco che fa impazzire gli scalatori da tutto il mondo , ma come funziona ?
È la classica tombola solo che i numeri vengono dati dalla cima della montagna usando l’eco, e i partecipanti  (se capito il numero)devono scalare e arrivare in cima salendo ad ogni numero preso!
Ma solo chi fa tombola arriverà alla cima!
Naturalmente ad ogni vincita dell’ ambo , terno etc  i partecipanti potranno urlare la vincita e dall’ alto riceveranno un simpatico premio che dovranno prendere al volo!
Divertimento assicurato!!

Alberto

 


IL RISVEGLIO DELLE COCCINELLE

M-movimento
E-elastico
L-lanciando
A-acuti

I primi raggi di sole scaldano i fiori che sino a poco tempo fa erano il rifugio invernale delle coccinelle. La coccinella mariella,sente il tepore del sole,ed esce con un movimento elastico,salta qua e la ,ancora assopita e assonnata dal lungo letargo,dalla grande fatica lancia un acuto fortissimo.Tutte le coccinelle che si trovano racchiuse nel fiore alzando leggermente lo sguardo,si risvegliano improvvisamente. Chiedendosi il perché di tutto questo chiasso….
Dico a voi amiche mie !è ora di risvegliarvi dal grande sonno il prato è invaso da colori e profumi forza tocca a voi .EVVIVA EVVIVA E PRIMAVERA

Carla

 


LA CASA DEL SORRISO

Parole: casa e sorriso; autrice: Michela

Nella casa del sorriso bisogna bussare ogni mattino.
Entrare lentamente e fare la riverenza a chi del sorriso è rimasto senza.
Qui infatti si cura chi il sorriso ha perduto, chissà, magari in un fosso è caduto.
Giochi, scherzi, salti e danze son le cose da portare se nella casa del sorriso si vuole entrare,
a portare gioia e allegria a chi il sorriso è volato via!

Michela

 


PESCE D’ALBERO

Parole: pesce e albero autrice: Elisa

C’era una volta un pesce d’albero. Anziché essere un pesce d’acqua, lui viveva su un albero.
In quest’albero il pesce viveva tranquillamente, parlando con il suo amico Sario, uno scoiattolo. Jimy, il pesce d’albero, e Sario, giovacano dalla mattina alla sera. Un giorno andarono a fare una passeggiata in montagna.
Trovarono un laghetto e Jimy vide tantissimo pesci come lui, ma senza zampe. Jimy, seguito da Sario, entrò in acqua, e gli piacque tantissimo, Sario però non sapeva nuotare! Jimy allora gli fece imparare ogni trucco per stare a galla, che lui aveva scoperto non appena aveva toccato l’acqua. Eh si per lui era naturale nuotare! Alla fine anche Sario imparò a  nuotare  e non aveva neanche bisogno di trattenere il fiato! I due nuotarono insieme finchè non videro una specie di tana. Avevano trovato un posto in cui passare il tempo sott’acqua! Jimy e Sario continuarono a vivere sul loro albero ma quando volevano andare sott’acqua non c’era niente e nessuno che poteva fermarli! Vissero così felici e contenti.

Elisa

 


LA RUOTA DI RISO

Parole: ruota e riso autrice: Gloria

C’era una volta un signore molto povero, che possedeva solo una ruota, una ruota di riso. Gliel’aveva regalata un vagabondo, che a sua volta l’aveva ricevuta da uno sconosciuto. Peccato che con quella ruota non ci si poteva fare niente, solamente guardarla. Il povero abitava in un capanno in mezzo ad un enorme prato. Lì non veniva mai nessuno, ma c’erano cespugli ricchi di bacche succose, alberi da frutto e qualche fiorellino. Il povero lasciava la ruota sempre fuori, sotto il sole, e per questo, giorno dopo giorno, la ruota cominciò a sciogliersi, il povero non poteva farci nulla perché dentro casa non c’era spazio. Fu così che, tempo dopo, la ruota era ormai tutta sciolta ma dal liquido che ne era rimasto sbocciò, come per magia, una bambina. Il povero e la bambina fecero subito amicizia. Lui si prese cura di lei e vissero per sempre felici e contenti come padre e figlia.

Gloria

 


IL CERCHIO DELLA FARFALLA

Parole: cerchio e farfalla autrice: Beatrice

C’era una volta una farfalla che era nata con le zampe unite a forma di cerchio. Anche se le farfalle vivono solo un giorno lei sarebbe sempre caduta e non si sarebbe potuta posare sui fiori. Come avrebbe fatto? Dopo un’ora stava già per morire, ma arrivò un topo. Quel topo era molto strano, perché viveva già da mille anni dentro il tronco di un albero morto. Aveva con sé un fiore rarissimo. Era bianco con delle macchie rosse alla fine dei petali. Il topo lo fece mangiare alla farfalla e una luce la avvolse. In seguito, quando la luce si dissolse, la farfalla non aveva più le gambe attaccate, ma dei cerchi erano finiti sulle sue ali. Ora aveva delle ali bellissime e in più poteva appoggiarsi e volare.

Beatrice

LA MARATONA DELLA GALLINA CHE LITIGO’  CON IL BRODO

Era un sabato mattina e il sig. Osvaldo si svegliò,  ma sul suo comodino la sveglia non trovò. Vide invece che al suo posto c’era un cappello, che nascondeva una  bottiglia di limoncello. Mise la bottiglia nel suo calzino, e una trombetta in un taschino.
 Andando in cucina ascoltò il canto del  gallo, e si mise a preparare un buon timballo. Ma ecco provenire un altro suono, molto più simile ad un frastuono. Era lei, quella vecchia gallina, che stuzzicava il gallo ogni mattina.
Il Sig. Osvaldo pensò ad un’altra ricetta, e corse nell’orto in tutta fretta. Tornò con in mano due carote arancioni, una patata, una cipolla e dei verdi fagioloni. Preparò un pentolone di acqua bollente e mise in bocca uno stuzzicadenti. Ficcò nella pentola tutti gli ortaggi, e cominciò ad avere miraggi. La verdura infatti si mise a parlare, e per la temperatura dell’acqua a borbottare. La gallina dalla finestra curiosa spiava,  ed infuriata  starnazzava:
-Sig. Osvaldo, ma cosa cucina?! Non doveva fare un timballo questa mattina?-
-Ma il sig. Osvaldo un po’ sbigottito,  sentendola parlare  rimase impietrito.-
Rispose invece un fagiolone, usando anche un bel vocione:
-Ma cosa ti importa, gallina agitata!!! Non credo che a pranzo tu sia stata invitata!-
-Stai zitto fagiolo, non parlo con te! Il sig. Osvaldo può rispondere da sé!-
Il sig. Osvaldo andò in confusione, e con un coperchio coprì il pentolone.
Ma gli ortaggi in coro si misero a strillare:- Gallinaccia, la verità è che un brodo di pollo vuole fare!-
La gallina,che aveva un grande udito, morsicò al sig. Osvaldo un dito. Fece un salto verso la finestra, e scappò per non essere infilata dentro la minestra.
Il brodo intanto si stava scaldando, e la caccia alla gallina stava incitando:- Corri Osvaldo, riprendi il pennuto!- gridavano gli ortaggi all’uomo ancora muto.
Osvaldo allora mise delle briglie al suo gatto, e corse verso la porta come un matto.
Ma il micione non si fece montare, e un cammello dovette rubare. Vi salì  in groppa insieme al felino, e chiese qualche informazione al suo vicino:- Senta lei, mi può aiutare? La mia gallina devo trovare!-
Il vecchietto gli disse che non aveva visto niente, e che sulle strade era da tempo che non vi era più nemmeno gente.
Osvaldo proseguì lungo la via, ma della gallina non c’erano ne’ impronte ne’ scia. E aveva ragione quel vicino anziano, sulla strada non trovò nessuno, nemmeno un marziano.  Ma dove era finita tutta la gente? Possibile che nessuno avesse visto niente?
Sulla strada non volava una mosca, decise così di suonare la Tosca. E dalle finestre comparvero dei visi, che si trasformarono in timidi sorrisi.
Ma per lui non era abbastanza: non potevano aiutarlo a trovare la gallina se stavano tutti nascosti in una stanza. Così la trombetta si infilò nel naso, e sulla testa si mise un vaso. Poi ci rovesciò dentro il limoncello, e ne diede un goccio anche al cammello. In un attimo quei sorrisi si trasformarono in risate, e dal vociare le vie vennero inondate!Tutti scesero sulla strada incuriositi, e da un incarico vennero investiti: -Dobbiamo ritrovare la mia gallina impertinente…senza pollo il mio brodo non saprà di niente!-
Ed eccola passare in mezzo alla gente, come se della sua caccia non le importasse  niente!Tutti i presenti cercarono  di acciuffarla, ma era così spedita che nessuno riuscì a fermarla. Gridava -corro, corro,  e il brodo non mi avrà!E’ così bella la mia libertà!!!-
Tutte le persone la guardarono ammirata, per la sua libertà che si era conquistata….saltellava veloce sulle sue zampette, che sembravano trasformarsi in due saette. Così cominciarono ad incitarla, e nessuno volle più fermarla. Anzi, ormai la seguivano come una padrona, e la sua fuga si trasformò in una maratona. Il sig. Osvaldo rimase solo con il  gatto ed il cammello, a cui offrì ancora un goccio di limoncello. Non gli restò che tornare verso la sua casetta, per prepararsi un’altra ricetta. Avrebbe potuto cucinare il timballo….ma, giunto nel cortile, si ricordo’…. che aveva un gallo!

Ale e Mari

 


BISBO IL RE DEL MARCIAPIEDE

Nel paese di Vicetta, un piccolo paese sulle rive di un fiume, si era verificato un evento insolito. Il circo Maner, che aveva da poco lasciato il paese, aveva dimenticato li Bisbo, il vecchio elefante dei loro spettacoli. Bisbo, per niente impaurito, si aggirava nel centro del paese, con andatura molto lenta e guardava incuriosito la gente che, al suo passaggio correva ed urlava spaventata. Era scesa la sera, Bisbo, forse un po’ stanco si fermò e si sdraiò sul marciapiede e lentamente si addormentò. La mattina seguente, mentre Bisbo ancora dormiva, passarono di lì un gruppo di bambini che, come tutte le mattine, andavano a scuola e alla vista dell’elefante si fermarono e iniziarono a scuoterlo per farlo svegliare. Simo, il bambino più grande gridò: ”Forse è qui sdraiato perché non ha trovato cibo e acqua”. Lory uno dei bambini rispose: ”Andiamo a procurare cibo e acqua e quando torniamo lo aiuteremo ad alzarsi”. Così il gruppo di bambini andarono insieme da Mommi, il fruttivendolo del paese e dopo aver raccontato dell’elefante, si fecero consegnare un sacco ricolmo di frutta e dell’acqua. Toranti da Bisbo, li accolse un’amara sorpresa. Un enorme autoarticolato, con l’immagine di Bisbo stampata sui lati,stava caricando l’elefante che, barrendo molto forte, opponeva resistenza. Erano tornati i signori del circo Maner, che dopo essersi accorti che Bisbo non era con loro, avevano fatto ritorno a Vicetta. I bambini allora iniziarono a gridare forte: ”lasciatelo stare, non fategli del male”. Un gruppo sempre più numeroso di persone si aggregarono ai bambini e tutti insieme fecero una barriera per impedire che l’elefante fosse caricato sul grosso veicolo. A quel punto Simo, il bambino più grande, prese della frutta e si avvicinò a Bisbo, che iniziò a mangiare con gusto. Tutti i bambini diedero cibo ed acqua all’elefante che, per gratitudine li accarezzò lentamente con la lunga proboscide facendo attenzione a non far loro del male. I signori del circo rimasero attoniti nel vedere quella scena e ad un certo punto uno dei bambini propose: ”perché non lasciate in pace questo elefante, si vede che oramai è vecchio e stanco. Ci occuperemo noi di lui e, propongo di costruire su questo marciapiede una grande stalla dove lui abiterà e noi gli procureremo il cibo”. Da poco era giunto il sindaco del paese, che accolse con piacere la proposta dei bambini. In pochi giorni la stalla fu costruita e del circo Maner non ebbero più notizie. I bambini, i loro genitori e tutta la gente del paese si presero cura di Bisbo e lo proclamarono ”Re di Vicetta”. Bibo, con quell’ enorme corona sulla testa, barriva felice su quel marciapiede che gli aveva cambiato la vita.

Ivan ed Emanuela